Un trimestre anti inflazione a tutela dei consumatori
Come noto, il Governo, e il Ministero delle imprese e del made in Italy in particolare, hanno proposto ad alcune Associazioni, tra le quali Italmopa, che rappresentano l’Industria della trasformazione alimentare di sottoscrivere, in nome e per conto delle imprese a loro associate, e unitamente al settore della distribuzione organizzata un Protocollo d’intesa denominato “Trimestre anti inflazione”.
L’iniziativa si pone quale obiettivo di tutelare i consumatori in generale – e le fasce sociali più esposte in particolare – costretti a comprimere drasticamente i loro acquisti a fronte delle spinte inflattive in atto. A tal fine, il Mimit ha invitato le Associazioni interessate a sottoscrivere appunto un Protocollo che le impegna a promuovere presso le loro associate, un’iniziativa volta a offrire nel periodo di decorrenza del Protocollo, ovvero da ottobre a dicembre 2023 con possibile prorogabilità del trimestre a ulteriori periodi dello stesso arco temporale, prezzi calmierati su una selezione di articoli ivi compresi quelli rientranti nel cd. carrello della spesa e a “non aumentare il prezzo” di tale selezione nel periodo di riferimento. Non possiamo ovviamente non condividere le sacrosante ragioni evidenziate dal Governo ma, come evidenziato in una lettera congiunta delle Associazioni della trasformazione alimentare interessate al Presidente del Consiglio Meloni, la sottoscrizione del Protocollo non appare percorribile per una serie di ragioni che attengono sia a questioni di carattere formale e giuridico, sia ad aspetti di tipo sostanziale.
Da un lato, le Associazioni di rappresentanza, per Statuto, non sono autorizzate a entrare nel merito delle scelte e delle politiche commerciali della loro base associativa, che compete solo ed esclusivamente alle singole aziende.
Questa considerazione è intimamente collegata al rispetto della normativa antitrust, che vieta qualunque intesa restrittiva della concorrenza, tanto meno se favorita dalle Associazioni di riferimento. Dall’altro lato, è impensabile che la determinazione o l’impegno sul valore del prodotto finito possa prescindere da un coinvolgimento di tutti gli operatori della filiera alimentare e quindi di tutti coloro che, a vario e diverso titolo, contribuiscono a formare i costi di produzione e concorrono dunque a comporre il valore finale del prodotto. Tanto più che il periodo di forti turbolenze delle quotazioni delle materie prime, siano esse agricole o meno, non sembra certamente archiviato e ogni impegno a “non aumentare il prezzo” degli articoli selezionati può risultare quanto meno avventuroso in un contesto già caratterizzato da una reddittività marginale delle Aziende per via del vorticoso aumento dei costi di produzione costatati nel corso degli ultimi anni. Altresì è opportuno ricordare che le nostre aziende operano in un mercato a concorrenza “quasi perfetta” e provvedono costantemente ad adeguare i propri listini sfarinati
al rialzo o al ribasso, seguendo da sempre gli andamenti del mercato.
Per conseguire lo scopo che si prefissa il Ministero sarebbe forse preferibile stimolare la concorrenza tra le imprese che operano nei settori nei quali il “mercato” non sempre costituisce l’unico riferimento per la formazione dei prezzi. Alla luce di queste considerazioni, il Protocollo, nella formulazione proposta dal MIMIT, appariva e appare del tutto inattuabile e la richiesta di sospensione dell’iniziativa avanzata dalle Associazioni interessate inevitabile, fermo restando la piena disponibilità ad avviare tutti i confronti del caso per valutare altre misure di più ampio respiro e con più esteso coinvolgimento delle filiere produttive, che consentano di approntare le necessarie tutele per il consumatore.