La “sofferenza” delle risorse idriche italiane
Le nevicate di gennaio potrebbero salvare l’Italia dalla grave siccità paventata dopo l’esperienza del 2022. Quello che preoccupa gli esperti, oltre alla crisi idrica che colpisce tutti i principali bacini italiani, è anche il moltiplicarsi di eventi estremi. Secondo l’European Severe Weather Database (Eswd) siamo su una media di oltre cinque al giorno. La mancanza di infrastrutture per la raccolta delle acque piovane e la carenza idrica nei principali bacini e fiumi della Penisola, mette in crisi le produzioni cerealicole. Molti di questi sono ben al di sotto della loro portata media con possibili e nefaste conseguenze per la prossima campagna agricola. Se nel 2022 si sono raccolti, lungo tutta la penisola, dal 10 al 30% in meno dei volumi di frumento, nel 2023 la situazione potrebbe non migliorare, nonostante le nevicate, stanti le condizioni di progressiva perdita di portata dei fiumi e di pesante assottigliamento delle risorse di falda, secondo quanto riportato dal Cnr in un comunicato del 12 gennaio scorso. Per ovviare a questi problemi, l’Associazione nazionale dei consorzi di bonifica (Anbi) ha messo in campo, all’inizio dell’estate scorsa, il cosiddetto “Piano Laghetti”. Esso punta alla costruzione di circa 10mila invasi artificiali lungo la Penisola per raccogliere le acque piovane che saranno sfruttate sia per scopi irrigui sia per la produzione di energia verde. Contemporaneamente sta decollando l’attività del Tavolo nazionale dei contratti fiume, costituito nel 2007 e coordinato dall’architetto Massimo Bastiani. Questi accordi, che vedono nelle Autorità di bacino distrettuali la controparte, rappresentano uno strumento alternativo per la gestione integrata e sistemica dei bacini idrici. Gestione che viene realizzata attraverso intese e azioni specifiche attivate tra i vari utilizzatori di acqua (agricoltori, aziende ecc.) che operano lungo l’intero corso dei fiumi. Recentemente, poi, il Tavolo nazionale ha ottenuto anche un supporto finanziario da parte dell’Europa, con l’inserimento di questi strumenti di gestione nell’accordo di partenariato, previsto per il prossimo luglio, tra Italia e Commissione europea.
La situazione di mercato
La siccità e quindi la produttività dei campi, incidono inevitabilmente sull’andamento del mercato. Il quadro, all’inizio dell’anno, si presenta ricco di luci e ombre.Secondo i dati Ismea, tra la metà di dicembre 2022 e i primi dieci giorni di gennaio 2023, i prezzi del frumento duro fino nazionale sono stati stabili nelle borse merci di Roma, Bari, Milano e Bologna, in calo invece a Foggia e Altamura. Contemporaneamente, secondo i dati sulle importazioni dell’Italia, riportati dall’Ufficio Studi della Borsa merci telematica italiana (Bmti) a fine dicembre 2022, “L’attuale annata continua a registrare un deficit di arrivi di grano duro extracomunitario. Dal primo luglio le importazioni sono state di fatto dimezzate (-48%, pari a 291mila tonnellate) rispetto allo stesso periodo dell’annata precedente a fronte però di acquisti nominali di 598mila tonnellate (il doppio) di cui 400mila provenienti solo dal Canada. Questa differenza può esser spiegata, secondo la Bmti, dal fatto che molto del grano duro comprato nel Paese nordamericano da o per acquirenti italiani, viene riesportato.
Tale deficit di import di grano duro in Italia non è sinora servito a rianimare i prezzi del prodotto nazionale che registrano riduzioni importanti. Una situazione che si sviluppa in un contesto in cui, secondo le proiezioni dell’associazione europea Coceral relative a metà dicembre, si registra una sostanziale stabilità delle superfici seminate: 1,3 milioni di ettari pari al -1,1% rispetto al 2022.
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